martedì 11 agosto 2009

E anche lì

Stanotte, no, non stanotte:
stamattina ti ho sognato.
Rotonda la mia faccia insistente sul cuscino,
rotonda la mia pancia inchiodata in giù
sulla soffice croce orizzontale del letto grande.
E c’eri tu in una labile e fioca luce gialla, in un certo silenzio, quello più grave e pericoloso che piano piano ho imparato a sentire, anche quando ti muovi e parli.
Che cosa buffa, questa specie di amore sentito, avvolto in quella specie di luce, soffrivo un po’ perché non riuscivo a vedermi, soffrivo un altro po’ per la mia paura razionale della tua razionale distanza venuta ad accompagnare quel lento spazio smisurato dove buffamente cercavo la mia buffa figura dispersa nell’estensione vuota a metà della tua persona.

E anche lì, d’improvviso, disturbandomi, ti sei rivelato quasi un tic tac profondo e contrario ed ostinato. D’improvviso hai disordinato la mia intelligenza incantata, la mia mente incosciente, il mio respiro ribelle e d’improvviso sei scomparso. Le tue dita decise mi hanno leggermente spinta alle spalle. Io sono scivolata pesantemente giù per le scale. Poi non ho ben capito se era il mio o il tuo di pianto, so che non ho pianto ma mi sono sentita piangere, come una bimba che si molleggia sul materasso e d’improvviso sbatte la testa sul legno, come quando la memoria si mescola nello spazio incosciente dell’ anima, come quando il senso del dolore lotta col dolore, infine come quando il dolore si allea con la rabbia e vince spingendo ancora più lontano lo stesso ricordo, lo stesso piacere, lo stesso desiderio.

E anche lì, d’improvviso, disturbandomi ti sei rivelato un tic tac profondo e contrario ed ostinato, ed eri il tuo stesso apriscatole che non riesce a fendere il proprio ghiaccio, eri il tuo stesso ghiaccio che mi ustiona inesorabilmente, eri malatamente rigido e rinchiuso nella tua fronte salata, eri il distillato delle tue tenerezze delle tue emozioni che colano da un alambicco troppo pieno.

E anche lì, d’improvviso, disturbandomi ti sei rivelato un tic tac profondo e contrario ed ostinato, ed io vedo adesso la mia figura ridotta ad un prezioso alambicco troppo pieno, ed io cerco di nasconderlo facendolo deviare da tutte le insidie che anche solo sfiorandolo lo scalfirebbero irrimediabilmente.

E anche qui, d’improvviso, disturbandomi ti sei rivelato un tic tac profondo e contrario ed ostinato, sei venuto ad origliare le mie parole, strappandomi i miei laceri indumenti a guardare questo mio senso della poesia che cancelli sussurandomi che tu non esisti, che la poesia non serve.
E anche qui, d’improvviso, disturbandomi ti sei rivelato un tic tac profondo e contrario ed ostinato, a dirmi che faccio l’amore con i miei due unici amanti che non esistono.

E anche qui, d’improvviso, disturbandomi ti sei rivelato un tic tac profondo e contrario ed ostinato, verrai a vedere crescere la mia muta follia dove cova una specie di cucciolo di tigre che lasci sempre vagare nelle umide mattine quando, qualche volta, si sente, in lontananza, un leggero pianto che si mescola al mio, quando guardandomi intorno vedo, in lontananza, la tua stessa torre che da qualche feritoia talvolta si lascia scappare il pianto, talvolta scaglia lame di ghiaccio.

E anche qui, d’improvviso, disturbandomi mi sono rivelata un tic tac profondo contrario ed ostinato, a battere la penna sul tavolo per trovare la tua abilità a darti una tregua, allentare le impugnature dei coltelli che ti irrigidiscono le braccia, per cogliere questo mio abbraccio che non sa servirti.

marzo 2009

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